Lewa, la giovane tanzaniana
Lewa, una giovane ragazza tanzaniana, sta vivendo degli stati d’animo altalenanti.
Il suo continuo confrontarsi con le proprie colleghe la sta facendo sentire inferiore, insoddisfatta e spesso infelice.
Cosa accadrà una sera nel mentre Lewa si trova sulla vita di ritorno dal lavoro?
Scopriamolo ora, immergendoci nella sua storia.

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Lewa, la giovane tanzaniana
Lewa è una giovane ragazza tanzaniana originaria di Dodoma, capitale della Tanzania, nonché città africana famosa per la sua natura incontaminata.
Sono da poco passate le sette di sera, e Lewa, come suo solito fare, sta tornando a casa - a piedi - dal lavoro.
Mancano poche centinaia di metri dalla sua umile abitazione quando, immersa dai suoi pensieri, Lewa attraversa la strada non vedendo una jeep in arrivo.
L'uomo, a bordo della grande jeep nera, frena bruscamente.
«Ragazza, è tutto ok?» chiese l’uomo, dall’interno della sua jeep cabrio.

«Sì signore, mi scusi. Mi sono distratta.»
«Fai attenzione la prossima volta, mi raccomando.» disse l’uomo, porgendole un grazioso sorriso.
«Sì, non è mia consuetudine attraversare la strada in questo modo. Sto vivendo un periodaccio. Ho la testa altrove!»
«Un periodaccio? In che senso?» chiese l’uomo, vedendo il viso triste della giovane tanzaniana.
«Lasci stare, non capirebbe. La ringrazio comunque.»
«Già, hai ragione. Non capirei. Forse però c’è qualcuno che capirebbe…»
«Chi?» chiese incuriosita la ragazza.
«La natura.»
«In che senso? Non la capisco.»
«Ragazza, sono diretto al safari Luna's Wild Rides. È un luogo speciale, quello.»
«E perché ci sta andando?» chiese Lewa.
«Sono una guida turistica, io.»
«E perché mi ha detto che la natura potrebbe aiutarmi?»
«Beh, perché la natura nasconde le risposte alle nostre domande.
Che fai, salti su con me o vuoi rimanere qui?» domandò l’uomo, sorridendo.
«Mi sta invitando a visitare il safari insieme lei?»
«Sì. Se questo è l’invito che le tue orecchie hanno intercettato, sì.»
La ragazza rimase in silenzio per un momento.
Si guardò attorno e perlustrò, per pochi attimi di secondo, l’intera zona, come per vedere se vi fosse qualcuno che la stesse spiando.
«D’accordo signore. Qualcosa mi dice che di lei posso fidarmi.»
«Bene, mi fa piacere. Salta su!» disse l’uomo, aprendo la portiera della jeep e facendo salire al suo fianco la giovane tanzaniana.
La ragazza si accomodò e, senza dire nulla, attese qualche parola da parte del signore al suo fianco.
«Ragazza, il mio nome è Kifle.» disse l’uomo, riaccendendo il motore della sua jeep e dirigendosi verso il safari.
«Piacere di conoscerla, signore Kifle. Il mio nome è Lewa.»
«Bene Lewa, mi dicevi che stai vivendo un periodaccio. È così?»
«Sì signore, sto vivendo un periodo per nulla felice.» confermò un po’ sconsolata la giovane tanzaniana.
«Capisco. E raccontami un po’: cos’è che ti rende infelice?»
«Non saprei, è una sensazione strana. È come se vivessi degli stati d’animo altalenanti. Ci sono giorni dove le cose sembrano andare per il verso giusto. Altri, invece, dove vivo degli stati d’animo particolarmente negativi.»
«Ok Lewa, parlami un po’ di questi stati d’animo negativi. Quand’è che si fanno vivi in te?»
«Beh, principalmente al lavoro. Mi sono resa conto che il confronto con le mie colleghe mi porta spesso a sentirmi infelice.
Ogni volta che confronti i loro risultati con i miei mi sento insoddisfatta.»
«Capisco Lewa. È quindi il fatto di confrontarti con le tue colleghe a renderti infelice?» chiese conferma l’uomo.
«Sì signore, credo di sì. Mi sono accorta che, ogni volta che valuto me stessa in base a ciò che hanno realizzato le mie colleghe, finisco per entrare in uno stato d’animo negativo.»
«Comprendo bene ciò che mi stai dicendo.» disse l’uomo, continuando a guidare. «E dimmi: la valutazione che dai a te stessa in base a ciò che fanno le tue colleghe, come ti fa sentire nei confronti di esse?»
La ragazza rimase muta per un breve momento.
Pensò a quali erano le sensazioni che l’avvolgevano ogni volta che, di sua spontanea volontà e senza alcuna motivazione precisa, decideva di mettere a confronto i suoi risultati con quelli ottenuti dalle sue colleghe.
«Mi sento inferiore, signore.» disse la giovane tanzaniana, con un lieve nodo alla gola.
«Inferiore, mi dici. Inferiore rispetto a chi?» chiese l’uomo.
«Inferiore rispetto alle mie colleghe.»
«D’accordo Lewa, capisco. Quindi, se non vado errato, il metro di paragone che utilizzi per valutarti, non sei te stessa, bensì le tue colleghe. Dico bene?»
«Beh sì, in qualche modo sì.»
«Ok. E dimmi: secondo te, è funzionale avere come metro di paragone una persona diversa da te stessa?»
La giovane tanzaniana si prese nuovamente una breve pausa.
«Signore, credo non sia corretto valutare me stessa paragonandomi alle altre colleghe.»
«D’accordo Lewa, dimmi un po’: secondo il tuo punto di vista, quale sarebbe l’azione più corretta da fare per ridurre la sensazione di inferiorità che a volte percepisci?»
«Beh, forse dovrei evitare di paragonarmi alle mie colleghe.»
«Ok, e a chi potresti paragonarti?»
«Non saprei. Forse a me stessa.» sussurrò a bassa voce la ragazza.
«A te stessa? Credi sia corretto avere come metro di paragone te stessa?» chiese l’uomo.
«Forse sì, signore.»
Il signor Kifle rimase in silenzio e, dopo solamente pochi minuti di viaggio, si addentrò finalmente nella natura incontaminata.
Il sole aveva già concluso il suo corso giornaliero.
Solamente il chiarore della luna - piena in quella serata - illuminava l’intero safari.
«Lewa, eccoci qui all’ingresso del safari Luna's Wild Rides.» disse l’uomo, proseguendo lentamente lungo una strada sterrata.
«Wow! Sbaglio o quelle laggiù sono delle zebre?»
«Sì, sono zebre. E quelle, le hai viste?» chiese l’uomo, indicando un gruppo di giraffe dall’altro lato della strada.
«È fantastico!» esclamò la giovane tanzaniana. «Non ero mai venuta qui. Non mi hanno mai raccontato della presenza di questo safari.»
«Già, le persone tendono spesso raccontare di argomenti futili, inconsapevoli che, nella natura, vivono i migliori racconti al mondo.» disse l’uomo, bloccando per un attimo il veicolo.
«Ragazza,» continuò il signor Kifle, portando gli occhi al manto scuro sopra di lui, «guarda il cielo.»
La giovane tanzaniana levò anch’ella il capo, ammirando il cielo illuminato dalla luna piena e da qualche stella che, in modo pacato, tentava di farsi spazio nell’immensità della notte.
«Dimmi un po’ Lewa, la vedi quella porzione di cielo poco illuminata?» chiese l’uomo, indicando la parte di cielo più lontana dalla luna.
«Sì, la vedo.»
«Come ti sembra?»
«Beh, molto buia.»
«Già, molto buia. E quella porzione lì, come la vedi?» domandò l’uomo, indicando l’esatto punto sul quale la luna aveva da poco deciso di adagiarsi.
«Illuminata, signore!»
«Sì, proprio così. Illuminata.
Anche il confronto, cara ragazza, può essere buio o illuminato.
Vi sono confronti maligni, e altri, invece, che possiamo considerare benigni.
Il confronto maligno ci rende infelici, insoddisfatti, inferiori.
Il confronto benigno, invece, ci porta la luce, ci illumina il cammino, ci aiuta a crescere.»
Il signor Kifle interruppe tutto d’un tratto il suo discorso e, con la massima tranquillità, scese dalla jeep.
La ragazza, un po’ stranita, copiò il suo gesto e, insieme, si incamminarono lungo l’unica via sterrata percorribile nell’immenso safari.
«Signore,» prese la parola Lewa, passeggiando a fianco all'uomo, «posso chiederle cosa intende con confronto maligno e confronto benigno?»
«Vedi ragazza, confrontarsi con le altre persone è assolutamente normale.
Viviamo in un’era nella quale siamo valutati, e valutate, per qualsiasi cosa. E, ahimè, la valutazione è sempre relativa alla valutazione di qualcun altro.
Pensa a quando andavamo a scuola. Se svolgevamo un compito in modo impeccabile, ma un altro bambino - o un’altra bambina - lo svolgeva in modo ancor più ineccepibile, il nostro voto non poteva essere massimo, in quanto risultava inferiore rispetto a quello dell’altro bambino - o dell’altra bambina.
Tutto questo, nonostante il nostro compito fosse svolto in modo pressoché perfetto.»
«Ha ragione, signore!» esclamò la ragazza, portando alla mente un suo ricordo passato.
«Mi sta quindi dicendo che non è corretto confrontarsi con le altre persone?» chiese Lewa, continuando a camminare a fianco all’uomo.
«Oh, no. Come ti dicevo poco fa, il confronto tra persone è normale.
Questo perché, consciamente o inconsciamente, cerchiamo di paragonare quelli che sono i nostri risultati a quelli ottenuti da qualcun altro.»
«E perché lo facciamo?» chiese incuriosita la giovane tanzaniana.
«Beh, perché vogliamo accertarci di essere sulla strada corretta.
Se una persona è riuscita a conseguire un importante risultato, e anche noi vorremmo conseguirlo, è normale valutare il nostro comportamento e confrontarlo con quello dell’altra persona.
Tuttavia, come ti raccontavo poco fa, esistono confronti maligni e confronti benigni. Confronti che ci indeboliscono, e altri, che invece, ci rafforzano.»
«Signore, secondo lei, quello che sto vivendo con le mie colleghe, è un confronto maligno o benigno?» chiese la giovane tanzaniana.
«Bella domanda, Lewa. Secondo te, il confronto che metti in atto tra te e le tue colleghe, ti indebolisce o ti rafforza?»
«Beh, credo che mi indebolisca. Come le dicevo, ogni volta che paragono i miei risultati ai loro, tendo a sentirmi inferiore e infelice.»
«Già, credo proprio che tu abbia ragione, cara ragazza. Tuttavia, non temere. Sono molte le persone che, come te, si sentono inferiori e infelice a causa dei confronti maligni.
Pensa a tutte quelle persone che, purtroppo, associano la propria bellezza alla bellezza dei personaggi famosi.
Queste persone, paragonandosi a dei modelli - o a delle modelle - non fanno altro che dare vita a un confronto maligno.
Tutto ciò porta queste persone a sentirsi perennemente inferiori e infelici, oltre che insoddisfatte del proprio corpo.
Oppure, pensa a tutte quelle persone che confrontano la propria carriera con il percorso professionale svolto dai più grandi imprenditori e dalle più grandi imprenditrici al mondo.
Notando che i propri successi sono minimi rispetto a quelli ottenuti da altre persone di gran successo, si demoralizzano e si demotivano.»
«Signore, lo sa che ha proprio ragione? Ora che ci penso, sono tante le persone di mia conoscenza che vivono in questa sorta di loop.»
«Sì Lewa, capisco a pieno ciò che mi stai dicendo. Tuttavia, come ti dicevo poco fa, dietro al confronto non vi è solamente malignità.
Esistono dei confronti che possiamo considerare particolarmente benigni.»
«Ah sì? Quali sono?» chiese la giovane tanzaniana.
«Beh, pensa a tutte quelle persone che fanno del confronto un’arma per crescere e per migliorarsi.
Ci sono persone che, confrontandosi con altri individui, non fanno nascere in loro un senso di inferiorità o di infelicità. Ma anzi, vedono il confronto come un modo per potersi migliorare continuamente.
In sostanza, se notano che qualche collega o qualche persona è più abile di esse, non fanno altro che darsi la carica per potersi migliorare e rafforzare.»
«Signore, sbaglio o è molto sottile la differenza tra un confronto maligno e un confronto benigno?»
«Non sbagli, ragazza. Il filo che demarca il confine tra la benignità e la malignità è davvero sottile.
Tutto sta nel cambiare il nostro mindset, ossia il modo con il quale vediamo - e affrontiamo - le cose.»
Il signor Kifle fermò per un istante i suoi passi e, vedendo una panchina sul bordo della strada, vi si sedette.
«Ci fermiamo qui?» chiese la giovane tanzaniana.
«Sì, siediti pure vicino a me, Lewa. Da qui, puoi intravedere la bellezza del nostro splendido safari. Guarda laggiù!»
«Wow, sono elefanti?» domandò la ragazza, non appena sedutasi anch’ella sulla panchina.
«Sì, sono elefanti africani. E quelli, cosa ti sembrano?»
«Sembrano leoni, signore. È possibile?»
«I leoni sono altrove, a quest’ora. Quelli che vedi sono una particolare specie di leopardo.»
«Ooh, sono bellissimi!»
«Ti piace qui?» chiese l’uomo, dopo una breve pausa di silenzio.
«Sì, adoro questo posto. Adoro il silenzio che si respira in mezzo alla natura.» disse la ragazza, sfoggiando un dolce sorriso.
«Sì, Lewa. Il silenzio, e la natura, rendono le persone più consapevoli. E sarà proprio da questa consapevolezza che, anche tu, potrai tornare a sentirti felice e fiera di te stessa.»
«Ah sì, e in che modo?» domandò la giovane tanzaniana.
«Ascolta bene le mie parole, cara ragazza. Sono parole che provengono direttamente dalla natura.
Domani, non appena tornerai a casa, prendi il più bel diario che tieni in camera da letto.
Ce l’hai un diario, vero?»
«Sì, certo.» confermò la ragazza, sorridendo.
«Bene, una volta che lo avrai preso in mano, potrai fare ciò che questo safari - in questa serata di luna piena - ci vuole consigliare.
Ti basterà fare l’elenco delle persone che tendi a frequentare maggiormente. Esse potranno essere colleghi, colleghe, collaboratori, collaboratrici, amici, amiche, clienti, familiari.
Una volta che avrai fatto un elenco dettagliato delle persone che maggiormente entrano in contatto con te, ti basterà porti due domande:
Prima domanda: Chi sono le persone con le quali tendo a confrontarmi in modo maligno?
Seconda domanda: Chi sono le persone con le quali tendo a confrontarmi in modo benigno?
Una volta che avrai risposto a queste domande, andrai a evidenziare - con due colori diversi - le persone con le quali tendi a confrontarti con malignità, e quelle con le quali sei più propensa a confrontarti con benignità.
Ci sei fino a qui, Lewa?» chiese conferma l’uomo.
«Sì, ci sono. La sto ascoltando.»
«Benissimo. Una volta che avrai fatto ciò, potrai semplicemente riflettere su questa domanda: Come posso trasformare i confronti maligni in confronti benigni?»
«Signore, non è che potrebbe farmi un esempio?» chiese la ragazza, non capendo a pieno la domanda dell’uomo.
«Certo Lewa. Ti faccio una domanda: qual è il nome di una persona con la quale tendi a confrontarti con malignità?»
«Le direi Nia, la mia collega.»
«Ok, e dimmi: per quale motivo vivi un confronto maligno con Nia?»
«Beh, perché confronto i suoi risultati con i miei.»
«D’accordo, ora ti chiedo: come potresti trasformare questo confronto maligno in confronto benigno? Come potresti rendere il confronto fra i suoi e i tuoi risultati benigno?»
La giovane tanzaniana si prese un momento per pensare.
I suoi pensieri andarono a una situazione accaduta al lavoro qualche giorno prima.
«Signore, forse potrei vedere il confronto come un’occasione per migliorarmi. Una sorta di input per non smettere mai di crescere.
Potrei sfruttare la bravura di Nia per delineare la mia strada da percorrere. Insomma, potrei vedere Nia come una guida. Una guida che mi avrà aiutata a raggiungere i miei obiettivi professionali.»
«Ottimo, mi sembra un buon modo di rivalutare il tuo confronto con Nia. Non ti pare?»
«Sì, effettivamente sembra anche a me.» replicò sorridendo la giovane tanzaniana.
«Bene, quello che hai appena fatto è stato riflettere su come trasformare un confronto maligno in un confronto benigno.
Fa’ attenzione però: ciò non significa che le cose si metteranno apposto da sole. Ti servirà molta costanza e molta determinazione.
Tuttavia, sarà proprio in questo modo che trasformerai i tuoi confronti maligni in confronti benigni.»
L’uomo si alzò dalla panchina e fece per tornare indietro, verso la stradina sulla quale avevano da poco poggiato i loro passi.
«Signore, torniamo indietro?»
«Sì, è ora di tornare. Tuttavia, nonostante ora torneremo indietro, il tuo sarà un cammino diverso da quello svolto poco fa.
Ricordati ragazza,» concluse il discorso l’uomo, alzando gli occhi verso la luna, «esistono confronti maligni e confronti benigni.
Tuttavia, uno solo è il miglior confronto in assoluto: quello con la ragazza che - in questa luminosa serata di luna piena - ha deciso di migliorare se stessa.»
Conclusione
Ora Lewa, grazie all’incontro con il signor Kifle, tiene con sé un esercizio pratico che potrà sperimentare all’indomani di quella particolare serata.
Le basterà stilare l’elenco delle persone che è abituata a frequentare, intercettando tutti i possibili confronti - maligni e benigni - che tende a dare vita con queste persone.
Una volta consapevole della presenza di questi confronti, le basterà semplicemente riflettere sulla domanda offerta dal signor Kifle: “Come posso trasformare i confronti maligni in confronti benigni?”
Ponendosi questa domanda, e ricordandosi l’importanza del confronto con se stessa, la giovane tanzaniana potrà tornare a vivere la vita sotto un’altra luce.
Una luce basata sulla felicità, sulla fierezza e sulla sensazione di essere - a tutti gli effetti - una persona meritevole e all’altezza di qualsiasi situazione.
In Tanzania tornerà a brillare l’unicità di Lewa.
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